‘A ‘NGANNACATA ‘E SANT’ANNA
301a edizione della festa in onore di SANT’ANNA
alle PALUDI
Napoli 17-27 luglio 2025
di Luciano Troiano
"
Sant'Anna mia, Sant'Anna rispunne a chi te chiamma. Ohi mamma de Parule tu puortece a Gesù".
E’ la più famosa delle preghiere rivolte alla mamma della Vergine Maria recitata in occasione di preghiere e di festeggiamenti in onore della nonna di Gesù.
‘A ‘NGANNACCATA
La statua di Sant’Anna con la Vergine Bambina addobbata per la festa
Quest’anno si celebra la 301a edizione della festa popolare che prenderà il via il 17 luglio prossimo per terminare il successivo 27 del mese: una devozione, quella del popolo napoletano, più viva che mai nei confronti de ‘a Vecchia Putente che si rinnova anno dopo anno con la vestizione della statua, ‘ngannacata non a caso deriva dall’arabo hannaqa e descrive una donna ingioiellata come la vistosa collana che adorna il collo della statua di Sant’Anna. A dominare la festa sono i colori giallo e verde tradizionalmente abbinati a Sant’Anna. L’utilizzo di tali colori, infatti, oltre a caratterizzare la rappresentazione della santa, hanno una spiegazione liturgica: il verde è simbolo di speranza, crescita e vita nuova come e la promessa della vita eterna in Cristo mentre, il giallo (o spesso l’oro) indica la gloria di Dio, la luce divina la regalità, la fede e la sapienza, oltre all'amore celestiale e la festa.
TRE SECOLI DI STORIA
Si tratta di “una tradizione che si rinnova dalla fine del ‘600 che fonde, in un legame indissolubile di fede, devozione popolare, storia, leggenda e finanche dell’assetto urbanistico di tutta l’area un tempo extra-moenia. Nella zona delle Case Nuove, che dalla attuale stazione va sino a San Giovanni, il culto a Sant’Anna è divenuto il simbolo di questa parte di Napoli che non è né centro né periferia e che ha una propria intima peculiarità” scrive Rosa Carillo Ambrosio per il Corriere del Mezzogiorno. “La solenne intronizzazione della statua, che ha la particolarità di avere un cuore d’argento appoggiato sul petto, la novena di preparazione nella settimana che precede la festa con la recita dell’antico Santo Rosario in napoletano – prosegue la Ambrosio - declamando «Sant’Anna vicchiarella/site la Madre de Maria/Sant’Anna pura e bella/Vuje salvate st’anema mia» con le relative specifiche litanie, il rito della ’ngannaccata nella sera del 24, l’Inno della mezzanotte cantato la sera che precede il 26 luglio e a seguire lo scampanio che annuncia il giorno della festa, la Santa Messa solenne, sono molto di più di un programma di festeggiamenti religiosi. Questi appuntamenti scandiscono una devozione antica e popolare tuttora vivissima.” Assieme alla processione di San Gennaro e a quella de ‘O Munacone che ha ripreso vigore nel Rione Sanità, quella di Sant’Anna a buon diritto si può definire una delle antiche processioni partenopee tuttora esistenti, resistenti e partecipatissime dal popolo devoto.
LA VARA e ‘O PAGNOTTIELLO
La statua di Sant’Anna portata in processione per le vie del quartiere con la “vara”
La processione viene correntemente definita “alla siciliana” per la vara, ovvero il carro. Le tradizioni della zona delle paludi erano in gran parte incentrate sul culto alla Santa, verso la quale il popolo ancor oggi mostra una sensibilità pari ad una parente sempre presente. Tante le pratiche devozionali tra le quali il Martedì di Sant'Anna, in tale giorno la messa privilegiata e le pie pratiche tutte dedicate alla Patrona erano affiancate a tradizioni culinarie che vedevano la preparazione del pagnottiello: un pane imbottito che poteva essere consumato nella giornata.
Il pagnottiello
Molto sentita era la festa con la relativa processione, che tutt'oggi resta una delle ultime feste di quartiere napoletane sopravvissute. Della processione si ritrovano testimonianze già dai primi dell'Ottocento: la Santa veniva portata per le paludi e per le stradine del
Borgo Loreto su di un carro parato a festa, per un primo momento tirato dai devoti poi portato da buoi. Un vero e proprio assetto definitivo venne dato dal rettore don Tobia Strina il quale predispose un corpo di facchini (oggi la Deputazione dei Portatori) per portare il fercolo a piramide sulla quale era dislocato il simulacro. La tradizione della liturgia processionale è rimasta sino ad oggi, sebbene con modalità che nel tempo hanno subito diversi mutamenti.
Religiosi e laici durante la processione
La chiesa è già agli albori della sua fondazione intitolata alla Santa Vergine sotto il titolo delle Grazie, dunque era d'obbligo un culto alla madre di Maria del quale le prime testimonianze risalgono alla fine del ‘600. Secondo gli archivi era presente un altare con immagine affrescata della Madre Sant'Anna, di cui spesso veniva effettuato un restauro a causa dell'umidità della zona. La diffusione della devozione all'immagine per tutta la Campania si deve maggiormente all'opera del Rettore Francesco Saverio Strina e al nipote successore, sacerdote Tobia Strina. Il simulacro divenne molto popolare per le grandi folle di devoti che richiamava da tutta la città e dai paesi intorno infatti, si trovano copie della statua oltre che in diverse chiese di Napoli anche in molti luoghi sacri della Campania.
E così, con lo sguardo al crocifisso, comincia una preghiera in napoletano:
”Vuje ca site ‘a mamma da Maronna: chesta grazia ‘a cerco, ‘a spero e ‘a voglio!”
STORIE E LEGGENDE POPOLARI
Leggende popolari narrano che la venerabile statua fosse stata ritrovata nelle parti ristagnanti del fiume
Sebeto, che attraversa la zona delle Paludi, dal contadino Nicolino Panerano mentre tornava dalla battaglia del
Ponte della Maddalena, per la cacciata dei
giacobini. L'uomo, distintosi per valore e dedizione alla fede ed alla chiesa, scorse una bambina rifugiata su di un albero di melograno, l'infante piangendo gli chiese aiuto per sua madre che era caduta in un pantano mentre scappavano da un serpente che voleva mordere il calcagno della piccola. Così Nicolino vedendo la mano della donna che usciva dal pantano si affrettò a scavare nel fango per estrarre la donna. Mentre scavava, il contadino, si rendeva conto che non era una donna di carne ma una statua e che portava in braccio proprio la bambina che gli aveva chiesto aiuto.
Festeggiamenti in onore di Sant’Anna appena uscita dalla chiesa
Ancora una leggenda, molto cara al popolo delle paludi, spiega il cuore che la statua porta al petto: il Barone Mascitelli, il cui palazzo si ergeva proprio al centro delle Paludi, aveva quattro figli, i primi tre maschi e la femmina più piccola di nome Ninella. In punto di morte il barone fece promettere ai tre fratelli di non lasciare che la ragazza si sposasse ma che restasse nubile o entrasse in convento. La ragazza, che non aveva alcuna vocazione alla vita religiosa, si innamorò invece di Antuono, un garzone a servizio dei fratelli, volendolo sposare. Quando i fratelli scoprirono l'intesa fra i due portarono il garzone nel bosco di Poggioreale e lo uccisero seppellendolo sotto una quercia. La ragazza in pena per la scomparsa di Antuono fece un voto a Sant'Anna: sarebbe entrata in convento qualora avesse saputo che l'amato fosse stato bene. La notte Ninella sognò Sant'Anna che entrava in casa sua con Antuono, il ragazzo le disse che oramai stava nella Grazia di Dio e che il suo corpo si trovava sotto una quercia nel bosco di Poggioreale. La fanciulla si recò nel bosco e scavando dove gli era stato indicato trovò i resti del suo amato, ne prese un piccolo ossicino che pose, con una ciocca dei suoi capelli, in un cuore d'oro portandolo alla Santa in segno di riconoscenza insieme a tutti i suoi gioielli e, l'indomani, entrò nel convento di
San Gregorio Armeno per non uscirne mai più.
Il Miracolo delle tre figliole - olio su tela, autore ignoto, prima metà dell'800
IL MIRACOLO DELLE TRE FIGLIOLE
Un altro racconto molto diffuso accosta l'immagine a tantissimi luoghi dell'antico
Regno di Napoli: dal basso Lazio alla punta più estrema della Calabria, passando per il Molise e l'Abruzzo oltre che in tutta la Campania: è il “
Miracolo delle tre figliole”. Tre giovani fanciulle, rimaste orfane e sole, sono alle strette con un crudele padrone di casa che vanta avere diverse pigioni arretrate; le figliole, afflitte dall'essere pubblicamente umiliate, non avendo alcuno al mondo che potesse difenderle ed aiutarle, si prostrano ai piedi di Sant'Anna professando la loro figliolanza verso la Gran Madre. L'indomani il padrone di casa riceve una visita, una vecchia donna, riccamente vestita, gli dà una borsa con i soldi che le povere fanciulle dovevano. Quando l'uomo chiede se lei fosse una parente, la vecchia risponde di essere Sant'Anna, che dal cielo fa da madre ed avvocata alle tre fanciulle e subito dopo scompare. L'uomo impazzisce di gioia per aver avuto la grazia della presenza di Sant'Anna in casa sua, si converte, va grato dalle fanciulle e gli dice che non dovranno mai più pagar nulla ed infine va a Napoli presso la Chiesa ed offre una grande festa in onore della miracolosa immagine. Di qui le sorti del padrone di casa si diversificano a seconda del luogo di provenienza del racconto, muore in grazia di conversione o adotta le fanciulle. La leggenda è raccontata il più delle volte tramite canto che varia in base anche al dialetto e cadenza locale. La leggenda è ulteriormente confermata anche da un dipinto ottocentesco, di produzione popolare, esposto nella chiesa, dove sono rappresentate tre fanciulle che pregano dinnanzi all'immagine di Sant'Anna alle Paludi che versa dalla sua mano delle monete d'oro ad una delle tre figliole.
PERSONAGGI FAMOSI LEGATI A SANT’ANNA ALLE PALUDI
La chiesa è stata frequentata nella giovinezza dal grande tenore
Enrico Caruso, la cui famiglia si trasferì nelle Paludi negli anni '80 del 1800, alla Via San Cosmo fuori Porta Nolana, cantando nel coro del sacerdote Giuseppe Bronzetti, quale collaboratore della Rettoria. Il Padre Bronzetti non solo scoprì il talento di Caruso ma lo spronò e lo aiutò nei primi studi, oltre a farne il protagonista di una farsa musicale che scrisse proprio per lui: “I briganti nel giardino di Don Raffaele”. E’ stato proprio nella chiesa che inizio la fortuna del tenore, durante un funerale, mentre cantava una messa di
Saverio Mercadante, fu notato dal baritono Eduardo Missiano che rimase così entusiasta della voce del giovane paludano tanto da presentarlo al maestro
Guglielmo Vergine, che accettò sin da subito di dargli lezioni.
Durante la Battaglia del Ponte della Maddalena, la zona della circondante la chiesa è stata utilizzata come avamposto dei combattimenti, lo stesso cardinale
Fabrizio Ruffo, si è fermato dopo la battaglia in ringraziamento. La chiesa è stata molto legata alla corona borbonica tanto che l'Inno delle Due Sicilie fu suonato prima della solenne processione di Sant'Anna anche dopo l'unità italiana.
Il brigante Pilone, all'anagrafe
Antonio Cozzolino, si nascose negli ultimi tempi della sua vita proprio nella zona delle paludi, prima che venisse trovato ed ucciso nel 1870. Molto devoto alla chiesa, nelle sue tasche furono trovate una immagine del simulacro di Sant'Anna alle Paludi ed un atto di consacrazione alla Madonna.
Un giovanissimo
San Pio da Pietrelcina, ha celebrato la Santa Messa a Sant'Anna alle Paludi durante i giorni in cui fu a Napoli per la leva militare nel 1916, abitando presso alcuni parenti del quartiere, in Via San Cosmo fuori Porta Nolana. Sono conservate, inoltre, diverse reliquie del santo nella chiesa oltre un altare a lui dedicato.
Devoto di Sant'Anna alle Paludi era San
Filippo Smaldone, fondatore delle Suore Salesiane dei Sacri Cuori, nato nel vicino quartiere di Borgo Loreto, più volte ha celebrato messa presso la Chiesa. L'area parrocchiale comprende oggi un largo dedicato al Santo.
Il celebre cantante napoletano
Mario Merola, figlio di un ciabattino di Via Strettola Sant'Anna alle Paludi, ha vissuto parte della sua vita nel quartiere e non ne dimenticato mai l'appartenenza. Inizialmente impiegato come scaricatore di porto, la sua prima esibizione pubblica c’è stata nel 1959, proprio durante il concerto per la Festa di Sant'Anna alle Paludi: il cantante atteso,
Mario Trevi, aveva tardato ad arrivare, durante l'attesa alcuni amici di Merola, che ne conoscevano le doti canore, gli permisero di salire sul palco ed intrattenere col suo canto il pubblico fino all'arrivo del cantante. Il
Re della sceneggiata ricorderà per sempre questo avvenimento come battesimo e benedizione della sua carriera. Presso il Largo Sant'Anna alle Paludi, proprio dove era il palco della sua prima esibizione, nel 2006, è stato collocato il monumento che lo ricorda alla sua Napoli.
LA POESIA DEDICATA A SANT’ANNA ALLE PALUDI
Il poeta
Ferdinando Russo, l’ultimo custode dell’anima napoletana, ha dedicato proprio a questo luogo una poesia:
A Sant’Anna ‘e pparule
Mmiezo ‘a terra, ‘a siè – Nnarella
ca n’ha viste che n’ha viste,
fila e guarda. E penza ‘o tiempo
ch’è passato e ha da passà!
Mo’ s’è fatta vicchiarella,
ma da llà nun s’è scustata!
So’ trent’anne e nun ha fatto
quatte passe int’ ‘a città!
Quanno vede passà ‘o treno
se fa ‘a croce e murmurèa:
“Signò, scanzece d’o nfierno
So diavule, o che so!
E po’ dice cha stu fummo
ll’arruvina e ppummarole!
E po’ torna a farse ‘a croce:
“arrecogliame, signò!”
IL PROGRAMMA DELLA FESTA EDIZIONE 2025
IL PROGRAMMA DELLA FESTA EDIZIONE 2025
Fonti:
Press Reader.it
Corriere del Mezzogiorno
Contromano24.it
Storie di Napoli.it
Napoli velata e sconosciuta di Maurizio Ponticello
Le chiese di Napoli di Vincenzo Regina
Storie e leggende napoletane di Benedetto Croce
La devozione popolare a Napoli di Claudio Mendozza
Foto crediti:
Francesco Vaccarella
Laura Piccolo
Parrocchia di Sant’Anna alle Paludi
Magn’e fuje
Come arrivare alla Chiesa di Sant’Anna alle Paludi - Napoli